Nell’ipotesi di licenziamento del dirigente, considerata la peculiarità della figura dirigenziale che si pone quale alter ego dell’imprenditore e l’intensità del vincolo fiduciario che lo lega a quest’ultimo, non trova applicazione la disciplina limitativa dei licenziamenti (art. 10 L. n. 604/1966).

In tema di licenziamento disciplinare del dirigente rileva la nozione di giustificatezza, concetto introdotto dalla contrattazione collettiva che non si identifica con la giusta causa a differenza di quanto avviene relativamente ai rapporti con la generalità dei lavoratori.

Ai fini della giustificatezza del licenziamento del dirigente, come affermato dalla giurisprudenza (cfr. Cass., 30 dicembre 2019, n. 34736) è sufficiente una valutazione globale che escluda l’arbitrarietà del recesso “ (…) in quanto intimato con riferimento a circostanze idonee a turbare il rapporto fiduciario con il datore di lavoro, nel cui ambito rientra l’ampiezza di poteri attribuiti al dirigente”.

Ad esempio, è stato ritenuto giustificato il licenziamento del dirigente che abbia accusato via mail l’azienda giudicando inqualificabile il comportamento tenuto dalla parte datoriale (cfr. Cass., 26 gennaio 2022, n. 2246).

La Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti circa l’applicazione della nozione di giustificatezza con sentenza n. 30464 del 2 novembre 2023.

1. La vicenda processuale

Nel caso di specie una dirigente veniva licenziata per reiterata assenza alla visita medica di controllo della malattia da lei denunziata a giustificazione dell’assenza dal 3 agosto all’11 settembre 2016.

La lavoratrice impugnava il licenziamento sostenendo che i 4 accessi effettuati dal medico fossero avvenuti in un luogo diverso da quello dove effettivamente abitava.

Il Tribunale rigettava l’impugnazione della dirigente volta ad ottenere la declaratoria di illegittimità del licenziamento, la condanna della società al pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso e di quella supplementare.

La Corte d’Appello respingeva l’appello proposto dalla lavoratrice avverso la sentenza di primo grado; secondo la Corte territoriale risultava dimostrato documentalmente che in occasione delle ultime due visite il medico fosse riuscito ad entrare nello stabile dove la lavoratrice abitava e avesse lasciato un biglietto di avviso nella cassetta postale con l’invito a recarsi a visita presso l’INPS.

Avverso tale sentenza la lavoratrice proponeva ricorso per cassazione.

In particolare con il quarto motivo la lavoratrice lamentava la violazione degli artt. 2106 e 2119 c.c. per omissione circa la verifica della proporzionalità tra fatto contestato e licenziamento, considerato che i primi due tentativi di visita medica di controllo erano stati infruttuosi per negligenza del medico incaricato e non della dirigente.

2. La decisione della Corte

La Corte di Cassazione, giudicando il motivo infondato ricorda che in tema di giustificatezza del licenziamento del dirigente, il licenziamento non deve costituire una “extrema ratio”, da adottarsi in presenza di fatti così gravi da non consentire la prosecuzione del rapporto ma al contrario ad ogni infrazione tale da incrinare il vincolo fiduciario e l’affidabilità alla base del rapporto dirigenziale.

La Corte evidenzia come, all’esito della diversa ricostruzione dei fatti operata dalla Corte d’Appello, la condotta disciplinarmente rilevante di irreperibilità, contestata alla dirigente per ben 4 volte si era dimezzata.

Tuttavia, la nozione di “giustificatezza” del licenziamento del dirigente non coincide con quella di giusta causa ex art. 2119 c.c.; “pertanto essa sussiste in concreto tutte le volte in cui il licenziamento si riveli non pretestuoso o arbitrario, bensì la conseguenza di fatti che abbiano incrinato l’affidabilità e la peculiare fiducia che il datore di lavoro deve poter riporre nel dirigente”.

Al fine di integrare la giustificatezza non è necessaria dunque un’analitica verifica di specifiche condizioni ma è sufficiente una valutazione globale, tale da escludere l’arbitrarietà o la pretestuosità del recesso del datore di lavoro.

La Corte in conclusione, nel specificare la conformità a tali principi di diritto della pronuncia della Corte d’Appello, precisa che la verifica di proporzionalità è del tutto superflua, una volta esclusa l’arbitrarietà e pretestuosità del licenziamento che è sufficiente a ritenere il recesso datoriale giustificato.

3. Conclusioni

La pronuncia in commento, espressione dell’orientamento consolidato in giurisprudenza in tema di licenziamento del dirigente è condivisibile.

Una volta accertata l’idoneità del fatto (ad esempio le assenze a visite mediche di controllo) a ledere il vincolo fiduciario alla base del rapporto di lavoro dirigenziale e esclusa l’arbitrarietà e pretestuosità del recesso, intimato al contrario nel rispetto dei principi di buona fede e correttezza, la verifica della proporzionalità del fatto (necessaria al contrario in presenza di una giusta causa o di un giustificato motivo soggettivo) è del tutto superflua.

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