L’Agenzia delle Entrate, con risposta a interpello n. 195 del 30 luglio 2025, ha fornito chiarimenti circa la possibilità di conferire a welfare aziendale gli importi corrispondenti alle indennità obsolete (soppresse in forza di un accordo sindacale dal 1° gennaio 2025).

L’erogazione di tali indennità sotto forma di welfare aziendale non può fruire del regime di esclusione dalla formazione del reddito dal momento che la stessa, più che consentire l’accesso, in favore della generalità dei dipendenti, a beni e servizi connotati da particolare rilevanza sociale, mira a sostituire voci imponibili della retribuzione ritenute obsolete.

1. Il quesito

Una società domandava se fosse corretto escludere da imposizione fiscale (in base a quanto previsto dall’art. 51, commi 2 e 3 del TUIR) delle somme individuate come welfare aziendale per i dipendenti in forza al 31 dicembre 2024 che percepivano le indennità soppresse e abolite a partire dal 1° gennaio 2025 e che hanno conferito gli importi a welfare aziendale.

Ad avviso della Società, la quota di retribuzione relativa alle indennità soppresse convertite in welfare andrebbe esclusa da imposizione in quanto le somme e i servizi sono destinati ad un gruppo omogeneo di dipendenti; inoltre, si tratterebbe di benefit che non assumerebbero una connotazione strettamente reddituale.

2. Il parere dell’Agenzia

L’Agenzia delle Entrate ricorda che (cfr. Risoluzione 25 settembre 2020 n. 55/e):

  • qualora i benefit rispondano a finalità retributive, il regime di totale o parziale esenzione previsto per il welfare non può trovare applicazione. Non è conforme, infatti, alle disposizioni contenute nei commi 2 e 3 dell’articolo 51 del Tuir un piano di welfare che preveda una erogazione in sostituzione di somme costituenti retribuzione fissa o variabile dei lavoratori;
  • le disposizioni agevolative previste per il welfare non sono estensibili a fattispecie diverse da quelle previste normativamente (tra le quali non è compresa l’ipotesi di applicazione in sostituzione di retribuzioni, altrimenti imponibili, in base ad una scelta dei soggetti interessati);
  • nell’ipotesi in cui un piano di welfare sia costituito anche da importi costituenti retribuzione fissa o variabile degli aderenti (eccetto l’ipotesi di sostituzione dei premi di risultato in welfare nel rispetto delle condizioni stabilite dalla L. n. 208/2015), “rimarrebbe impregiudicata la rilevanza reddituale dei valori”.

Nel caso di specie, sulla base dell’accordo sindacale sottoscritto, le parti hanno previsto l’abolizione, a decorrere dal 1° gennaio 2025, di tre indennità obsolete, prevedendo, per il personale in forza alla data del 31 dicembre 2024 che percepisce le suddette indennità, la possibilità di poter alternativamente optare per:

  • il congelamento sotto forma di ad personam, per un importo pari al 100% del valore medio percepito negli ultimi 5 anni in cifra fissa non riassorbibile e non rivalutabile per 12 mensilità;
  • il congelamento dell’indennità sotto forma di Welfare aziendale nella misura del 105% del valore medio percepito negli ultimi 5 anni in cifra fissa e non rivalutabile.

Non trovandoci di fronte all’ipotesi di sostituzione tra premi di produttività e benefit normativamente prevista, la conversione delle indennità soppresse in welfare non risulta in linea con la ratio dell’art. 51, commi 2 e 3, “dal momento che la stessa, più che consentire l’accesso, in favore della generalità dei dipendenti, a beni e servizi connotati da particolare rilevanza sociale, mira a sostituire voci imponibili della retribuzione ritenute obsolete”.

A tale conclusione si giunge anche sulla base della circostanza che i dipendenti interessati, in mancanza di un’espressa preferenza per la corresponsione delle indennità in welfare, percepiranno in sostituzione delle stesse una somma pari al 100% del valore medio percepito negli ultimi 5 anni.

3. Conclusioni

Il parere fornito dall’Agenzia delle Entrate in tale interpello si pone in continuità con la prassi sviluppatasi sul tema (da ultimo l’interpello n. 77 del 20 marzo scorso, che ha chiarito che i premi incentivanti, c.d. MBO, non possono essere convertiti in welfare, ma anche l’interpello n. 57/2024 circa il trattamento fiscale delle somme erogate alle lavoratrici madri).

Pertanto, eccetto il caso di conversione dei premi di risultato in welfare, nel rispetto delle condizioni previste (le somme costituiscano premi o utili riconducibili al regime agevolato e la contrattazione di secondo livello deve prevedere la possibilità di conversione), non è possibile convertire in welfare somme costituenti retribuzione fissa o variabile, quali le indennità soppresse che, rispondendo a finalità retributive, non risultano in linea con la normativa agevolativa prevista per il welfare.

È opportuno che le aziende valutino debitamente tale aspetto nella predisposizione di piani welfare al fine di non incorrere in azioni da parte degli enti preposti volte al recupero di imposte e contributi non versati.

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