La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 26153 del 7 ottobre 2024, ha stabilito che è illegittima la proroga di un contratto a termine (con conseguente trasformazione a tempo indeterminato) che non si limita a prolungare, senza soluzione di continuità la durata del rapporto precedente, ma con la quale vengono rinegoziate le condizioni e i termini del rapporto (nel caso di specie la trasformazione da tempo parziale a tempo pieno, con variazione delle mansioni e modifica della retribuzione), trattandosi di rinnovo richiedente l’apposizione di una causale.

1. Il fatto

Un lavoratore con mansioni di responsabile di vendita autovetture usate veniva assunto con contratto a tempo parziale al 75% dal 7/01/2019 al 30/06/2019.

Il 28/06/2019 il lavoratore sottoscriveva con la stessa società un nuovo contratto di lavoro a tempo determinato full time, qualificato come proroga del rapporto precedente, con il quale venivano rinegoziate le condizioni del rapporto (trasformato da tempo parziale a tempo pieno, con modifica delle mansioni e della composizione della retribuzione).

Il lavoratore all’esito di un procedimento disciplinare veniva licenziato per giusta causa.

Il lavoratore impugnava il licenziamento; deduceva, inoltre, la nullità del termine apposto al contratto di lavoro, con conseguente trasformazione a tempo indeterminato, in quanto non era stata prorogata la durata del rapporto precedente ma erano state rinegoziate le condizioni e i termini del rapporto.

Il Tribunale di primo grado, con sentenza confermata in appello, accertava la nullità del termine apposto al contratto di lavoro del 28/06/2019; dichiarando la sussistenza da tale data di un contratto di lavoro a tempo indeterminato e a tempo pieno tra le parti.

2. Proroga e rinnovo del contratto a termine

L’art. 21 del D.Lgs n. 81/2015 (vigente al momento dei fatti) stabiliva che il contratto potesse essere rinnovato solo in presenza di una delle causali previste dalla norma (art. 19, comma 1); al contrario, per la proroga l’apposizione della causale era necessaria solo al superamento dei 12 mesi.

Nel caso di violazione di quanto sopra previsto opera la conversione del rapporto a tempo indeterminato.

La Corte di Cassazione ricorda che, in assenza di una definizione normativa dei due istituti, la proroga e il rinnovo esprimono concetti differenti, nello specifico:

  • con la proroga viene prolungata l’efficacia di un contratto in essere, proseguendone l’esecuzione oltre la scadenza originaria, con una modifica limitata unicamente alla durata del rapporto preesistente;
  • con il rinnovo la volontà delle parti non incide soltanto sulla durata ma sulla stessa identità causale del rapporto, attraverso una rinegoziazione più o meno ampia del contratto, con carattere novativo o modificativo.

Tale interpretazione è stata recepita dal Ministero del Lavoro nella circolare n. 17/2018, dove al paragrafo 1.1 specificava che la proroga presuppone che restino invariate le ragioni che giustificavano inizialmente l’assunzione a termine (fatta eccezione la necessità di prorogare la durata); pertanto, non è possibile prorogare un contratto a termine modificandone la motivazione in quanto si tratterebbe di rinnovo.

3. Conclusioni

I due istituti, dunque, esprimono concetti differenti e non sono sinonimi.

Mentre con la proroga si realizza un differimento del termine finale del rapporto, con il rinnovo si verifica una rinegoziazione tra le parti delle condizioni contrattuali, per citare le parole del Ministero si ricade “nell’ipotesi del rinnovo qualora un nuovo contratto a termine decorra dopo la scadenza del precedente contratto”.

Nonostante l’equiparazione realizzata post D.L. n. 48/2023 tra proroghe e rinnovi (che non richiedono l’apposizione della causale nei primi 12 mesi), si tratta di istituti differenti, come ci ricorda la Suprema Corte nella pronuncia in oggetto.

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