È illegittimo il controllo demandato dal datore di lavoro ad investigatori privati finalizzato a verificare il corretto adempimento delle prestazioni lavorative alle quali il dipendente è tenuto, in quanto al contrario limitato all’accertamento di atti illeciti del lavoratore non riconducibili al mero inadempimento dell’obbligazione contrattuale.
L’adempimento della prestazione lavorativa può essere controllato solo dall’imprenditore, anche occultamente, alla condizione che avvenga direttamente o tramite l’organizzazione gerarchica riconducibile a quest’ultimo.
Questo quanto deciso dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 17004 del 20 giugno 2024.
1. La vicenda processuale
Il caso riguardava il licenziamento per giusta causa irrogato ad un dipendente in seguito a controllo eseguiti da un’agenzia investigativa tramite i quali si era accertato sia il compimento di false timbrature da parte dello stesso che lo svolgimento di una seconda attività lavorativa all’insaputa dell’azienda.
La Corte d’Appello di Roma, confermando la pronuncia di primo grado, riteneva il licenziamento legittimo; per quanto concerne il controllo effettuato tramite investigatori ad avviso dei giudici l’art. 3 dello Statuto dei Lavoratori non precluderebbe all’imprenditore di rivolgersi alla collaborazione di soggetti diversi dalle guardie giurate per la tutela del patrimonio aziendale, né di controllare l’adempimento delle prestazioni lavorative per accertare mancanze specifiche dei dipendenti.
Veniva giudicato dunque legittimo l’assunto dell’azienda circa la liceità del controllo eseguito tramite investigatori al fine di verificare il corretto adempimento della prestazione lavorativa.
Il lavoratore ricorreva in Cassazione avverso la pronuncia.
2. I limiti del controllo tramite investigatori
La Corte di Cassazione giudica fondato il secondo motivo di ricorso mediante il quale il lavoratore lamentava che l’azienda avesse utilizzato l’agenzia investigativa per accertare l’adempimento o meno della prestazione alla quale era tenuto.
La Suprema Corte ricorda che l’art. 3 dello Statuto dei lavoratori (nel prevedere che i nominativi e le mansioni specifiche del personale addetto alla vigilanza dell’attività lavorativa devono essere comunicati ai lavoratori interessati) non ha fatto venir meno il potere dell’imprenditore di controllare l’adempimento della prestazione lavorativa direttamente o mediante l’organizzazione gerarchica che a lui fa capo.
Il controllo effettuato, se svolto dall’imprenditore può avvenire anche occultamente, senza ledere i principi di correttezza e buona fede, soprattutto quando tale modalità trovi giustificazione nella pregressa condotta non palesemente inadempiente dei dipendenti.
In ogni altro caso il controllo effettuato da terzi (guardie giurate come agenzia investigative) non può riguardare in nessun caso né l’adempimento né l’inadempimento dell’obbligazione contrattuale del dipendente di prestare la propria attività (resta giustificato, infatti, il controllo in questione solo per l’avvenuta perpetrazione di illeciti e l’esigenza di verificarne il contenuto, anche laddove vi sia un sospetto o la mera ipotesi che illeciti siano in corso di esecuzione).
Tuttavia, anche in presenza di un sospetto di attività illecita, occorrerà garantire un bilanciamento tra le esigenze di protezione di beni e interessi aziendali rispetto alle imprescindibili tutele delle dignità e riservatezza del lavoratore che non può prescindere da un esame del caso concreto.
Sulla base di questi principi la Corte cassava la sentenza impugnata con rinvio al giudice.
3. Conclusioni
Negli ultimi anni si è assistito ad un incremento considerevole del contenzioso avente ad oggetto controlli eseguiti a mezzo di investigatori privati finalizzati a verificare condotte che in molti casi possono configurare ipotesi penalmente rilevanti (pensiamo ai frequenti casi di abuso nell’utilizzo dei permessi previsti dalla legge 104 con evidenti riflessi anche in tema di sperpero di risorse pubbliche come al lavoratore in malattia sorpreso durante il periodo di assenza a svolgere attività incompatibili con il proprio stato di salute).
La giurisprudenza nel corso degli anni ha cercato di definire e applicare i limiti del potere di controllo del datore di lavoro a mezzo di investigatori privati, finalizzati a garantire la libertà, la dignità e la riservatezza del lavoratore.
In linea generale, tra le condizioni che possono legittimare il controllo eseguito a mezzo di investigatori privati rientrano le seguenti:
- il controllo non può avere ad oggetto il mero adempimento della prestazione lavorativa da parte del dipendente ma l’accertamento di eventuali condotte illecite tali da incidere sul patrimonio aziendale o integrare fattispecie criminose;
- il controllo deve svolgersi con modalità tali da non ledere la libertà e la dignità del lavoratore;
- l’attività di investigazione deve rivestire carattere occasionale e non sistematico e dovrebbe risultare indispensabile e non sostituibile con altro mezzo meno invasivo a disposizione del datore.