In linea generale le prestazioni lavorative rese da familiari all’interno della azienda si presumono a titolo gratuito (c.d. prestazione resa affectionis vel benevolentiae causa); per stabilire se nel singolo caso ci si trovi di fronte a un rapporto di lavoro subordinato (art. 2094 c.c.) occorrerà verificare:
- l’onerosità della prestazione;
- la presenza costante nel luogo di lavoro previsto dal contratto;
- l’osservanza di un orario coincidente con quello dell’attività economica;
- il programmatico valersi, da parte del titolare, della prestazione lavorativa del familiare;
- la corresponsione di un compenso a cadenze fisse.
È da escludersi la gratuità della prestazione lavorativa resa dalla ex convivente presente in maniera quotidiana e costante presso la struttura del compagno, inserita nella relativa gestione amministrativo contabile e nella organizzazione del lavoro, comportante anche la spendita di specifiche competenze professionali.
Questo è quanto affermato dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 9778 dell’11 aprile 2024.
1. Il caso
Nel caso di specie la Corte d’Appello di Roma confermava la pronuncia di primo grado con la quale era stata accertata la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra l’ex convivente more uxorio e il compagno.
Dagli atti di causa emergeva che l’ex convivente era inserita stabilmente nell’organizzazione aziendale del compagno dove si occupava quotidianamente della gestione amministrativa e contabile dell’esercizio commerciale, dei rapporti con clienti e fornitori; inoltre la stessa era presente negli stessi giorni e orari di apertura al pubblico e si era occupata dell’organizzazione e della tenuta di corsi base relativi all’attività subacquea destinati ai principianti.
Per la cassazione della decisione proponeva ricorso il compagno.
Ad avviso del ricorrente avrebbe errato la Corte d’Appello nell’affermare la natura subordinata del rapporto senza verificare l’esistenza di ordini specifici dati all’altra parte.
2. I chiarimenti della Cassazione
La Corte di Cassazione ricorda che ogni prestazione di lavoro subordinato si presume effettuata a titolo oneroso ma può essere ricondotta ad un rapporto caratterizzato dalla gratuità della prestazione (c.d. affectionis vel benevolentiae causa) nel caso in cui risulti dimostrata la sussistenza della finalità di solidarietà in luogo di quella lucrativa (la valutazione al riguardo compiuta dal giudice del merito è incensurabile in sede di legittimità, se immune da errori di diritto e da vizi logici).
Come correttamente affermato dalla Corte d’Appello era da escludersi la gratuità della prestazione in ragione della quotidiana e costante presenza della ex convivente presso la struttura del compagno e del pieno inserimento nella gestione amministrativo contabile e nell’organizzazione del lavoro, implicante anche la spendita di specifiche competenze professionali (in riferimento all’attività svolta quale istruttrice subacquea diplomata).
“E’ proprio il carattere “assorbente” delle energie dedicate dalla odierna controricorrente, pienamente inserita nella vita della struttura, di intensità tale da precluderle lo svolgimento di autonoma attività lavorativa, a giustificare le conclusioni attinte dai giudici di merito in punto di non gratuità dell’attività espletata”.
Nel caso concreto l’accertamento della natura subordinata del rapporto dovrà tener conto che l’eterodirezione si esprime in forma attenuata, senza necessità di manifestarsi in ordini specifici e dettagliati; il pieno e stabile inserimento della lavoratrice nell’organizzazione del lavoro e l’assenza in capo alla stessa di autonomia gestionale è sufficiente per accertare il rapporto di lavoro subordinato.