Nell’ipotesi di licenziamento del dirigente non trova applicazione la disciplina limitativa dei licenziamenti (art. 10 L. n. 604/1966) ma rileva la nozione di giustificatezza del recesso.

In numerose occasioni la giurisprudenza si è occupata dell’applicazione della giustificatezza nei casi di licenziamento del dirigente per motivi organizzativi (basti pensare ad esempio alla soppressione della posizione per il venir meno delle mansioni o alla redistribuzione delle relative mansioni al personale già presente in azienda).

In caso di licenziamento del dirigente d’azienda per esigenze di ristrutturazione aziendali è esclusa la possibilità del “repechage” in quanto incompatibile con la posizione dirigenziale del lavoratore, assistita da un regime di libera recedibilità del datore di lavoro.

E’ ravvisabile la nozione di giustificatezza ove sussista l’esigenza, economicamente apprezzabile in termini di risparmio, della soppressione della figura dirigenziale in attuazione di un riassetto societario e non emerga, in base ad elementi oggettivi, la natura discriminatoria o contraria a buona fede della riorganizzazione (cfr. Cass., n. 1960/2023).

E’ stato considerato legittimo il licenziamento del dirigente fondato sull’incremento dei profitti, a prescindere dalla circostanza che l’azienda si trovi in condizione di crisi, identificandosi il motivo oggettivo con la non arbitrarietà del recesso (cfr. Cass., n. 3819/2020).

In un altro caso la Corte di Cassazione ha ritenuto insussistente il nesso di causalità tra la situazione rappresentata nella lettera di licenziamento e la soppressione del posto di responsabile marketing (cfr. Cass., n. 9665/2019).

La Corte di Cassazione ha fornito ulteriori chiarimenti circa l’interpretazione del concetto di giustificatezza nel caso di riorganizzazione aziendale con sentenza n. 265 del 4 gennaio 2024.

1. Il caso

La vicenda vedeva come protagonista un dirigente di un istituto di credito con incarico di Vicedirettore Generale e mansioni di Responsabile della Direzione Commerciale licenziato per ragioni riorganizzative interne di accorpamento della Direzione Crediti con la Direzione Commerciale in un’unica Direzione degli Affari assegnata al Direttore della prima, comportante la soppressione della sua posizione in funzione di una rivitalizzazione del circuito reddituale.

La Corte d’appello di Milano, respingendo il ricorso promosso dal dirigente avverso la sentenza di primo grado, riteneva giustificato il recesso della banca, in funzione delle ragioni organizzative accertate come effettive, non pretestuose e pertanto insindacabili dal giudice.

Il lavoratore proponeva ricorso in cassazione avverso la pronuncia.

2. I chiarimenti della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, richiamando il proprio orientamento consolidato sul tema, ricorda che il licenziamento del dirigente può fondarsi su ragioni oggettive riguardanti esigenze di riorganizzazione aziendale “che non debbono necessariamente coincidere con l’impossibilità della continuazione del rapporto o con una situazione di crisi tale da rendere particolarmente onerosa detta continuazione, dato che il principio di correttezza e buona fede, che costituisce il parametro su cui misurare la legittimità del licenziamento, deve essere coordinato con la libertà di iniziativa economica, garantita dall’art. 41 Cost”.

E’ consentita infatti tale tipologia di licenziamento in tutti i casi in cui sia adottato in ragione di una ristrutturazione aziendale determinata da scelte imprenditoriali che non siano arbitrarie, pretestuose e persecutorie.

La nozione di giustificatezza del recesso si discosta dal giustificato motivo ed è ravvisabile in presenza dell’esigenza, economicamente apprezzabile in termini di risparmio, della soppressione della posizione dirigenziale in funzione di una riorganizzazione societaria e non emerga invece, sulla base di elementi oggettivi, la natura discriminatoria o contraria a buona fede della riorganizzazione.

Il controllo del giudice è limitato all’effettività delle scelte imprenditoriali poste a base del licenziamento, non potendo sindacare il merito delle stesse.

Inoltre ai fini della giustificatezza del licenziamento dirigenziale non è necessaria un’analitica verifica di specifiche condizioni ma è sufficiente una valutazione globale tale da escludere l’arbitrarietà del recesso.

La Corte di Cassazione, respingendo il ricorso, conferma che la Corte territoriale si è conformata a tali principi di diritto avendo accertato l’effettività delle ragioni organizzative addotte alla base del licenziamento e l’inesistenza di ragioni pretestuose a fondamento dello stesso.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *