La Corte di Cassazione, con sentenza n. 22086 del 24 luglio 2023, ha affermato che è legittimo stipulare un contratto di lavoro intermittente con un soggetto che ha meno di 25 anni di età, a prescindere dalla sussistenza di specifici casi ed esigenze.
L’interpretazione letterale dell’art. 13 D.Lgs n. 81/2015, avallata anche dalla CGUE, porta infatti a ritenere che le due condizioni legittimanti la stipulazione di un contratto di lavoro intermittente siano disgiunte e non necessariamente concorrenti.
1. Requisiti per la stipula del contratto
Il contratto di lavoro intermittente (detto anche lavoro “a chiamata” o “job on call”), ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs n. 81/2015 è il contratto, a tempo indeterminato o determinato, mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente.
La caratteristica principale di tale tipologia contrattuale è data dall’alternarsi di fasi di effettiva prestazione di lavoro a periodi in cui non vi è espletamento di attività, ma semplice permanenza di disponibilità del lavoratore in attesa della chiamata del datore (c.d. “stand by worker”).
Il contratto di lavoro intermittente può essere concluso:
- per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente, individuate, secondo le specifiche esigenze rilevate, dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale (c.d. intermittente per requisiti oggettivi);
- per periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno, individuati secondo le specifiche esigenze rilevate dai contratti collettivi (c.d. intermittente per requisiti temporali);
- in ogni caso, con soggetti con più di 55 anni e con meno di 24 anni di età, fermo restando che in tal caso le prestazioni lavorative devono essere svolte entro il venticinquesimo anno di età (c.d. intermittente per requisiti soggettivi).
In assenza di disciplina da parte della contrattazione collettiva, l’individuazione dei casi di utilizzo del lavoro intermittente è affidata ad un decreto ministeriale di futura emanazione.
In attesa dell’emanazione di tale decreto, è ancora possibile stipulare contratti di lavoro intermittente sulla base delle attività contenute nel R.D. n. 2657/1923.
2. I chiarimenti della Corte di Cassazione
Nel caso oggetto della pronuncia la Corte di Appello di Milano, in riforma della pronuncia di primo grado, aveva dichiarato l’illegittimità del contratto di lavoro intermittente stipulato tra una società e un lavoratore per il periodo 28/09/2016-31/10/2016 e la sussistenza per lo stesso periodo di un contratto a tempo determinato a tempo pieno.
Secondo la Corte territoriale i requisiti del contratto intermittente sono sia quello oggettivo riferito alla discontinuità dell’attività sia quello soggettivo dell’età; mancando nel caso di specie il requisito anagrafico in capo al lavoratore dichiarava l’illegittimità del contratto.
Contro tale pronuncia ricorreva in Cassazione la società.
La Corte di Cassazione ricorda che l’art. 13 D.Lgs n. 81/2015, dopo aver previsto al comma 1 che il contratto di lavoro intermittente possa essere concluso “secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi, anche con riferimento alla possibilità di svolgere le prestazioni in periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno” nel suo secondo comma specifica che “può in ogni caso essere concluso con soggetti con meno di 24 anni di età, purché le prestazioni lavorative siano svolte entro il venticinquesimo anno, e con più di 55 anni”.
L’interpretazione letterale di tale norma conduce a ritenere che i due requisiti che possono consentire la stipula del contratto (oggettivo e soggettivo) non devono concorrere entrambi in quanto disgiunti.
L’espressione “in ogni caso” del comma 2 interpretata in maniera letterale assume il significato di “in qualunque caso”, “qualunque sia l’esigenza”, prescindendo dalla sussistenza di specifici casi ed esigenze individuate dai contratti collettivi.
Pertanto è prevista la possibilità di stipula del contratto intermittente sulla sola base dell’età anagrafica del dipendente.
La scelta del legislatore di individuare due diverse tipologie di lavoro intermittente emerge anche interpretando l’art. 15 del D.Lgs n. 81/2015, il quale, tra i vari elementi del contratto prevede “durata e ipotesi, oggettivo o soggettive” distinguendo due diversi casi di ricorso al lavoro a chiamata.
Tale interpretazione è stata convalidata anche dalla CGUE (sentenza 19 luglio 2017, in C-143/2016) che ha affermato che la normativa comunitaria non è di ostacolo ad una normativa nazionale che consente a un datore di lavoro di stipulare un contratto intermittente con un soggetto che abbia meno di 25 anni (prescindendo dalla natura delle prestazioni da eseguire) e a licenziare quest’ultimo al compimento del venticinquesimo anno.
Sulla base di queste motivazioni la Corte accoglieva il ricorso promosso dalla società.