È illegittima la modifica unilaterale dell’orario di lavoro disposta da un’azienda nei confronti di una lavoratrice part-time (vedova e madre di due figli minori), in assenza della pattuizione per iscritto di clausole elastiche che consentissero la variazione della collocazione della prestazione.

La lavoratrice ha diritto al risarcimento del danno ex art. 10, comma 3 D.Lgs n. 81/2015 (la norma, parlando espressamente di diritto al risarcimento, riconosce al prestatore tale forma di tutela indipendentemente dalla prova di un effettivo pregiudizio).

Questo il principio espresso dal Tribunale di Como con ordinanza del 7 luglio 2025.

1. Il fatto

Un’azienda modificava unilateralmente i turni di lavoro di una lavoratrice a tempo parziale per 20 ore settimanali da due turni settimanali alternati, con esclusione del lavoro domenicale, in tre turni settimanali alternati (a partire anche dalle ore 6:00 del mattino e talvolta fino alle 21:00) in orari tali da non consentire alla stessa di assolvere agli impegni di cura dei figli.

La dipendente agiva in giudizio, deducendo l’illegittimità della modifica unilaterale dell’orario in quanto attuata in violazione della normativa in tema di clausole elastiche.

2. Le clausole elastiche

Il Tribunale riepiloga quanto previsto dalle disposizioni di legge in materia (artt. 5 e 6 D.Lgs n. 81/2015), che prevedono:

  • la necessaria predeterminazione dell’orario di lavoro nel contratto part-time (art.5), che può essere derogata solamente mediante la sottoscrizione di clausole elastiche;
  • la facoltà del datore di lavoro, nel rispetto di quanto previsto dai contratti collettivi, di variare la collocazione della prestazione lavorativa, ovvero di variarne in aumento la stessa sottoscrivendo le clausole elastiche (art.6, comma 4);
  • nei casi di applicazione delle clausole elastiche il lavoratore ha diritto ad un preavviso di due giorni lavorativi, fatte salve diverse intese tra le parti, nonché a specifiche compensazioni economiche (art. 6, comma 5);
  • nei casi in cui il CCNL non disciplini le clausole elastiche, le stesse possono essere pattuite per iscritto davanti alle commissioni di certificazione (art. 6, comma 6);

Nel caso di specie, il CCNL Terziario all’art. 95, nel confermare quanto previsto dalla norma, prevede che l’accordo del lavoratore alle clausole elastiche e/o flessibili deve risultare da atto scritto e nello stesso andranno indicate le ragioni di carattere tecnico, organizzativo, produttivo o sostitutivo che autorizzano all’applicazione delle clausole flessibili o elastiche.

La società, nel caso in esame, non era stata in grado di dimostrare in giudizio che la modifica dell’orario fosse stata la conseguenza dell’effettiva sottoscrizione di clausole elastiche nelle forme previste da CCNL o comunque per mutuo consenso delle parti; pertanto, la modifica di orario era illegittima.

Per quanto attiene alla domanda di risarcimento del danno non patrimoniale, l’art. 10, comma 3 D.Lgs n. 81/2015 stabilisce che “lo svolgimento di prestazioni in esecuzione di clausole elastiche senza il rispetto delle condizioni, delle modalità e dei limiti previsti dalla legge o dai contratti collettivi comporta il diritto del lavoratore, in aggiunta alla retribuzione dovuta, a un’ulteriore somma a titolo di risarcimento del danno.

Il legislatore riconosce, dunque, il risarcimento dei danni sulla base di una presunzione che la modifica unilaterale della collocazione oraria della prestazione sia ex se fonte di pregiudizio per il soggetto che è tenuto ad effettuarla.

Nel caso di specie, l’assegnazione dei nuovi turni di lavoro aveva impedito alla dipendente di assolvere alle proprie esigenze familiari costringendola a rivolgersi a una babysitter e ai nonni anziani con problemi di salute.

Sulla base di quanto evidenziato, veniva liquidato il danno nella misura del 25% della retribuzione mensile lorda per il periodo di modifica degli orari.

3. Conclusioni

Le clausole elastiche rappresentano un utile strumento a disposizione del datore di lavoro per compensare le rigidità dell’orario di lavoro del contratto a tempo parziale nell’ottica di flessibilità della prestazione.

L’accordo delle parti, come ricorda il Tribunale nella pronuncia in commento, è un requisito fondamentale per la validità delle clausole (sia per quelle che prevedano variazioni della collocazione temporale della prestazione che variazioni in aumento della durata) tanto che, ai sensi dell’art. 6 comma 8 del D.Lgs n. 81/2015, il rifiuto del dipendente di concordare variazioni dell’orario di lavoro non costituisce giustificato motivo di licenziamento.

In assenza del consenso del lavoratore all’applicazione delle clausole elastiche, il datore di lavoro non potrebbe modificare in via unilaterale la collocazione e la durata della prestazione lavorativa rispetto a quanto previsto, nemmeno in presenza delle condizioni previste da contratto collettivo.

Il dipendente che si trova in determinate condizioni (art. 6, comma 7 D.Lgs n. 81/2015) ha la facoltà di revocare il consenso prestato alla clausola elastica, nello specifico i lavoratori:

  • affetti da patologie oncologiche nonché da gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti, per i quali residua una capacità lavorativa ridotta (accertata da una commissione medica istituita presso l’azienda unità sanitaria locale territorialmente competente), anche solo in parte derivanti dagli effetti invalidanti delle specifiche terapie salvavita;
  • con coniuge, figli o genitori affetti da patologie oncologiche, nonché da gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti, ovvero che assistono persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa, con connotazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della Legge 104/1992, che abbia necessità di assistenza continua in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita;
  • con figlio convivente di età non superiore ai tredici anni o con figlio convivente portatore di handicap, che assuma i connotati di gravità di cui all’articolo 3 della legge n. 104/1992;
  • studenti, iscritti e frequentanti corsi regolari di studio in scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale abilitate al rilascio di titoli di studio legali.

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