Seppur non si applichino al lavoratore con funzione direttive i limiti di durata massima dell’orario di lavoro, in funzione della natura della prestazione lavorativa e dell’elevato grado di autonomia nella gestione della propria attività, lo stesso ha diritto al compenso per lavoro straordinario in due casi:
- quando il CCNL prevede un diverso orario normale di lavoro per il personale direttivo e si sia verificato un superamento di tale orario;
- se la durata della prestazione valichi il limite della ragionevolezza, valutando non solo la dimensione quantitativa della prestazione ma anche le sue caratteristiche qualitative, per la tipologia di mansioni svolte, in relazione alle esigenze di tutela della salute e del riposo psico-fisico dei lavoratori.
Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 13178 del 18 maggio 2025.
1. La vicenda processuale
Un lavoratore con funzioni direttive conveniva in giudizio il proprio datore di lavoro per ottenere il pagamento delle ore di straordinario svolte dal 2008 al 2018; ad avviso dello stesso, l’indennità di funzioni direttive percepita, rimasta invariata nell’importo, era insufficiente a coprire le prestazioni straordinarie effettuate, che superavano il limite delle 200 ore annuali previste da CCNL ed eccedevano i limiti di ragionevolezza.
La Corte d’Appello respingeva il ricorso del lavoratore.
Per il personale direttivo, infatti, anche sulla base del CCNL applicato rimane ferma la non applicazione dei limiti di durata massima dell’orario di lavoro.
2. Limite di ragionevolezza della prestazione
La Corte di Cassazione, richiamando un orientamento giurisprudenziale consolidato, ricorda che i dipendenti con funzioni direttive, seppur esclusi dai limiti di durata massima dell’orario di lavoro (art. 17 comma 5 D.Lgs n. 66/2003), hanno diritto al compenso per il lavoro straordinario svolto in due casi:
- quando il CCNL disciplini un diverso orario normale di lavoro per il personale direttivo, e tale orario venga in concreto superato;
- quando la durata della prestazione superi il limite di ragionevolezza, escluso ogni riferimento all’orario contrattualmente previsto per altre categorie di lavoratori.
Nel caso di specie, i giudici di secondo grado hanno omesso di esercitare un controllo sulla ragionevolezza delle prestazioni di lavoro svolte, tenendo in considerazione non solo la dimensione quantitativa della prestazione ma anche le sue caratteristiche qualitative, per il tipo di mansioni espletate, in rapporto alle esigenze di tutela della salute e del riposo psico-fisico dei lavoratori.
Sulla base di questi motivi la sentenza veniva cassata con rinvio alla Corte d’Appello.
3. Conclusioni
Con la pronuncia in commento la Suprema Corte riprende un indirizzo consolidato (cfr. Cass., n. 7678/2021).
Il lavoratore con funzioni direttive ha diritto al compenso per lavoro straordinario quando la durata della prestazione, secondo un controllo riservato al giudice di merito, superi il limite della ragionevolezza, in rapporto alla necessaria tutela della salute e dell’integrità psicofisica del lavoratore.
Il lavoratore che agisce per ottenere il compenso per il lavoro straordinario dovrà provare non solo di aver lavorato oltre l’orario normale di lavoro, il numero di ore effettivamente svolte e i periodi nei quali le stesse si collocano, ma anche di aver svolto un orario di lavoro che, tenendo in considerazione la quantità e qualità delle mansioni affidate, travalichi il limite della ragionevolezza.