È illegittima l’anticipazione del Tfr corrisposta mensilmente ai lavoratori sulla base di un accordo contenuto nel contratto di lavoro.

Tale anticipazione, peraltro senza causale, contrasta con l’accantonamento mensile del Tfr ponendosi quale sistema pattizio capace di contrastare e svuotare il meccanismo di funzionamento legale del Tfr; pertanto, le somme erogate andranno considerate come retribuzione soggetta ad obbligazione contributiva.

Questo quanto affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 13525 del 20 maggio 2025.

1. Il fatto

La vicenda prende le mosse da un verbale di accertamento emesso dall’INPS nei confronti di un’azienda che aveva anticipato mensilmente ai propri dipendenti il Tfr, nel periodo ottobre 2013-febbraio 2015, sulla base di un accordo contenuto nel contratto di lavoro.

Secondo l’Istituto, l’anticipazione non può essere ammessa mensilmente, pertanto tali anticipazioni andavano considerate somme erogate a titolo retributivo, soggette dunque ad obbligazione contributiva.

La Corte d’Appello giudicava legittima l’anticipazione mensile del Tfr in quanto l’autonomia negoziale privata aveva la possibilità di prevedere un regime di anticipazione del trattamento di fine rapporto più favorevole per le parti rispetto a quello legale, come affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 4133/2007.

2. L’anticipazione mensile del Tfr

L’art. 2120, commi 6 e ss., prevede la possibilità per il lavoratore dipendente di richiedere, una sola volta nel corso del rapporto di lavoro, l’erogazione di un’anticipazione del Tfr al ricorrere di determinate condizioni.

Nello specifico:

  • Il lavoratore deve possedere almeno otto anni di servizio presso l’azienda;
  • l’anticipo del Tfr può essere richiesto per l’acquisto della prima casa per sé o per i propri figli, per sostenere spese sanitarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti ASL e per far fronte alle spese durante i congedi parentali e congedi per la formazione continua.

Condizioni di miglior favore possono essere previste dai contratti collettivi o da patti individuali; i contratti collettivi, inoltre, possono stabilire criteri di priorità per l’accoglimento delle richieste di anticipazione.

Mediante il patto individuale, ad esempio, si potranno prevedere anticipazioni del Tfr in misura superiore al 70% oppure causali di anticipazione ulteriori rispetto a quelle previste dalla norma (così come affrontato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 4133/2007).

Al contrario di quanto affermato dalla Corte d’Appello, tale sentenza non ha previsto la possibilità che l’anticipazione possa avvenire mensilmente e nemmeno che la stessa possa essere svincolata da qualsiasi causale, come avvenuto nel caso di specie.

Secondo la Corte di Cassazione, l’anticipazione del Tfr, operata in modo continuativo mediante accredito mensile nella busta paga:

  • snatura la funzione dell’anticipazione quale deroga, per ragioni eccezionali da soddisfare una tantum, alla regola generale dell’accantonamento mensile del Tfr;
  • fa sì che l’anticipazione non sia più una deroga eccezionalmente prevista alla regola di accantonamento mensile, ma si ponga quale sistema pattizio capace di contrastare, e svuotare, il meccanismo di funzionamento legale del trattamento di fine rapporto.

3. Conclusioni

La sentenza in commento fa seguito alla nota n. 616 del 3 aprile scorso, mediante la quale l’Ispettorato del Lavoro ha fornito chiarimenti circa la legittimità della prassi di anticipo mensile del TFR in busta paga e le conseguenze sotto il profilo ispettivo derivanti dal disconoscimento delle somme erogate quali ratei di Tfr.

La pattuizione collettiva o l’accordo individuale sottoscritto tra le parti potranno introdurre condizioni di miglior favore, derogando alle causali richieste dalla norma (ad esempio, l’anzianità aziendale di 8 anni) per richiedere l’anticipazione del Tfr maturato ma non, al contrario, prevedere la liquidazione mensile del rateo del Tfr, che contrasterebbe con la ratio dell’istituto che, quale elemento di retribuzione differita, ha la funzione di garantire al lavoratore un supporto economico alla fine del rapporto e non, al contrario, di incrementare il reddito corrente dello stesso; di conseguenza, in tali fattispecie l’Inps potrà agire con un’azione volta al recupero contributivo.

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