La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 4984 del 26 febbraio 2025, accogliendo il ricorso presentato da un ente, ha stabilito che nel pubblico impiego privatizzato l’autorizzazione dell’amministrazione è necessaria affinché il dipendente possa prestare lavoro straordinario.
Trattasi di un elemento costitutivo della pretesa del lavoratore che agisce per il suo pagamento e che pertanto dovrà essere da lui allegato e dimostrato.
1. Il fatto
Un lavoratore di una P.A. agiva in giudizio per ottenere il riconoscimento del lavoro straordinario svolto nel periodo da febbraio 2015 a giugno 2020 e il pagamento della relativa retribuzione.
Il Tribunale accoglieva la domanda del lavoratore quantificando la somma dovuta a titolo di straordinari in 3.380,50 euro.
La Corte d’Appello, confermando la pronuncia di primo grado, aveva ritenuto tardiva e nuova l’allegazione difensiva dell’ente datore di lavoro, avvenuta per la prima volta in appello, dell’assenza di autorizzazione dello straordinario riconosciuto al dipendente.
2. Straordinario e autorizzazione
La Corte di Cassazione ricorda che, in tema di pubblico impiego privatizzato, il diritto al compenso per lavoro straordinario presuppone la preventiva autorizzazione dell’amministrazione, in quanto necessaria per la valutazione della sussistenza delle ragioni di interesse pubblico che impongono il ricorso a tali prestazioni e comporta, inoltre, la verifica della compatibilità della spesa con le previsioni di bilancio.
La Suprema Corte richiama alcuni precedenti (cfr. Cass., n. 17912/2024, n. 23506/2022) in tema di lavoro straordinario nel pubblico impiego privatizzato, dai quali emerge che:
- quando la prestazione di lavoro straordinario viene svolta in modo coerente con la volontà del datore di lavoro, la stessa andrà retribuita prescindendo dalla validità della richiesta o dal rispetto delle regole sulla spesa pubblica, in quanto occorre dare prevalenza alla necessità di attribuzione del corrispettivo al dipendente, in conformità con l’art. 36 della Costituzione;
- il diritto al compenso per il lavoro straordinario svolto, che presuppone la previa autorizzazione dell’amministrazione, spetta al lavoratore anche “laddove la richiesta autorizzazione risulti illegittima e/o contraria a disposizioni del contratto collettivo atteso che l’art. 2108 с.с., applicabile anche al pubblico impiego contrattualizzato, interpretato alla luce degli artt. 2 e 40 del d.Igs. n. 165 del 2001 e dell’art. 97 Cost., prevede il diritto al compenso per lavoro straordinario se debitamente autorizzato e che, dunque, rispetto ai vincoli previsti dalla disciplina collettiva, la presenza dell’autorizzazione è il solo elemento che condiziona l’applicabilità dell’art. 2126 c.c.”.
L’autorizzazione dell’amministrazione è necessaria affinché il lavoratore possa svolgere lavoro straordinario; si tratta, dunque, di un elemento costitutivo della pretesa del dipendente che agisce per il suo pagamento e che dovrà essere da lui allegato e dimostrato.
Non può sostenersi che la P.A. non potesse contestare in appello l’assenza di prova dell’autorizzazione, in quanto si trattava di un elemento che avrebbe dovuto essere allegato e provato dal ricorrente originario e la cui sussistenza avrebbe dovuto essere verificata d’ufficio dal giudice.
3. Conclusioni
Il principio espresso dalla Corte di Cassazione nella pronuncia in commento può essere esteso anche al rapporto di lavoro privato, nel quale per svolgere lavoro straordinario è necessaria l’autorizzazione del datore di lavoro.
Diversi i CCNL che prevedono espressamente tale obbligo. Tra i tanti, il CCNL Alimentari Industria all’art. 31 dispone che “Il lavoro oltre le 40 ore settimanali, festivo, notturno ed a turni dovrà essere preventivamente autorizzato dalla Direzione aziendale”, così come il CCNL Terziario Confcommercio all’art. 148, nello stabilire che “Il lavoratore non può compiere lavoro straordinario ove non sia autorizzato dal datore di lavoro o da chi ne fa le veci.”
Il lavoratore che presti attività straordinaria reiteratamente e in assenza di autorizzazione datoriale potrà, inoltre, essere sottoposto a un procedimento disciplinare finalizzato a sanzionare l’inadempimento.