Rappresenta un ricorso abusivo alla somministrazione a termine per violazione del principio di temporaneità l’invio in missione di un dipendente senza soluzione di continuità, per un totale di quasi tre anni, presso lo stesso utilizzatore (con stabile inserimento nel ciclo produttivo di quest’ultimo come accertato dal massiccio ricorso al lavoro supplementare e straordinario), senza alcuna ragione giustificativa circa la reiterazione di tali contratti.
Questo il principio ribadito dalla Corte d’Appello di Lecce con sentenza n. 196 del 10 marzo 2025.
1. Il fatto
Il caso vedeva come protagonista un lavoratore con mansioni di addetto call center front end e/o back office somministrato a termine senza soluzione di continuità per un periodo di quasi tre anni presso la stessa azienda, con stabile inserimento nel ciclo produttivo di quest’ultima (come si poteva evincere dal frequente ricorso al lavoro supplementare e straordinario svolto).
Il Tribunale accoglieva la domanda del lavoratore, con costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra quest’ultimo e l’impresa utilizzatrice, considerata la violazione dell’articolo 31, commi 1 e 2, del Dlgs 81/2015, interpretato in base all’articolo 5, paragrafo, 5 della direttiva 2008/104.
2. Il principio di temporaneità nella somministrazione
La Corte d’Appello, confermando la pronuncia di primo grado, riprende le più recenti pronunce della giurisprudenza comunitaria e nazionale circa l’applicazione del principio di temporaneità nella somministrazione.
Nello specifico:
- l’articolo 5, paragrafo 5, della direttiva 2008/104, impone l’adozione da parte degli Stati membri di tutte le misure necessarie a prevenire l’assegnazione di missioni successive presso la stessa impresa con finalità elusive;
- la durata delle missioni deve essere necessariamente “temporanea”, vale a dire essere limitata nel tempo; pertanto, numerose missioni assegnate al medesimo lavoratore presso la stessa impresa utilizzatrice possono eludere le disposizioni comunitarie, costituendo un abuso di tale tipologia contrattuale;
- spetta al giudice nazionale verificare se quanto previsto dalla direttiva comunitaria venga violato nel caso in cui non venga fornita alcuna spiegazione oggettiva al fatto che l’utilizzatore ricorra ad una successione di contratti di lavoro tramite agenzia interinale, a maggior ragione nel caso in cui le varie missioni interessano sempre lo stesso lavoratore.
Con sentenza del 17 marzo 2022, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che costituisce un ricorso abusivo alla somministrazione il rinnovo delle missioni di uno stesso lavoratore presso la medesima impresa, nell’ipotesi in cui l’invio in missione conduca a una durata dell’attività più lunga di quella che può essere ragionevolmente qualificata come “temporanea”, alla luce di tutte le circostanze del caso, come ad esempio la specificità del settore.
Nel caso di specie, il Tribunale ha correttamente applicato tali principi avendo accertato che l’invio in missione dello stesso lavoratore presso la medesima impresa per quasi 3 anni non fosse coerente con il principio di temporaneità, considerando che l’impresa utilizzatrice non era stata in grado di provare quali ragioni giustificassero la protrazione di tali missioni.
3. Conclusioni
Con la pronuncia in commento, la Corte d’Appello ribadisce il recente orientamento sviluppato dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass., n. 23445/2023, n. 22861/2022) e di merito, alla luce delle pronunce comunitarie circa l’applicazione del principio di temporaneità nella somministrazione di lavoro.
Il fatto che il D.Lgs n. 81/2015 non contenga alcuna previsione esplicita sulla durata temporanea della somministrazione non impedisce, infatti, di considerare tale requisito come implicito.
Spetterà al giudice di merito verificare se le missioni successive del medesimo lavoratore presso la stessa impresa utilizzatrice conducano ad una durata dell’attività presso tale impresa più lunga di quanto possa essere ragionevolmente qualificato come “temporaneo”.
Tale orientamento espone a rischi i rapporti di somministrazione a termine di lunga durata che, pur nel rispetto della durata massima prevista e dell’obbligo di apposizione delle causali giustificatrici, potrebbero essere ritenuti illegittimi in un eventuale contenzioso, con un aumento dell’incertezza per gli operatori del settore.