Il superamento dei limiti dei turni di pronta disponibilità previsti da CCNL non configura di per sé un inadempimento del datore di lavoro, ma lo può diventare se l’entità dello scostamento tra i turni previsti e quelli realizzati abbia in concreto determinato un’interferenza rispetto alla vita privata del dipendente tale da compromettere in maniera intollerabile il diritto al riposo, la cui lesione il datore di lavoro è tenuto a risarcire indipendentemente dalla causazione di un pregiudizio (danno-conseguenza) di natura psicofisica, trattandosi di un danno in re ipsa.

Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 27427 del 23 ottobre 2024.

1. La vicenda

Un lavoratore con mansioni di infermiere conveniva in giudizio l’Azienda Sanitaria Provinciale per ottenere il risarcimento del danno patito per essere stato adibito per un periodo di sei anni a turni di reperibilità in numero maggiore di quello previsto dal CCNL dell’Area Medica.

La Corte d’Appello, confermando la pronuncia di primo grado, respingeva le domande del lavoratore affermando che quest’ultimo non avesse provato che le modalità dei turni di reperibilità fossero tali da limitare la gestione del proprio tempo libero di modo da configurare il turno come orario di lavoro.

Inoltre, ad avviso dei giudici di secondo grado, in assenza di elementi tali da poter dimostrare un abuso di tale strumento da parte dell’azienda, la semplice adibizione a un numero di turni superiore a quelli previsti da contratto collettivo non costituiva inadempimento contrattuale.

2. I chiarimenti della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione chiarisce che la norma in esame, nel prevedere che “di regola non potranno essere previsti per ciascun dipendente più di sei turni di pronta disponibilità al mese”, ha natura programmatica e non va intesa come limite temporale invalicabile, fermo restando il diritto del lavoratore alla retribuzione per i turni in eccedenza e il risarcimento del danno nel caso in cui l’adizione al turno rechi pregiudizio al recupero delle energie psico-fisiche del dipendente.

Nel caso di specie, è lo stesso CCNL ad ammettere il superamento dei limiti dei turni di pronta disponibilità, ma andrà accertato se la mancata fruizione piena dei riposi, per le sue modalità di manifestazione, può determinare il diritto al risarcimento del danno del lavoratore.

Pertanto, il superamento dei limiti di turni normali in base al CCNL non configura di per sé inadempimento datoriale, ma lo può diventare se in concreto si sia determinata un’interferenza rispetto alla vita privata del dipendente tale da pregiudicare il diritto al riposo.

In ragione della natura elastica della norma, per potersi individuare un pregiudizio al riposo è necessario un superamento significativo di quel limite (in altre parole sino al punto di compromettere inevitabilmente la vita personale del lavoratore).

Nel caso concreto, l’adibizione a turni di reperibilità in misura maggiore a quanto previsto da CCNL, potrebbe aver determinato una situazione idonea a realizzare un condizionamento illecito della vita personale del lavoratore (ad esempio, impedendo allo stesso la possibilità di dedicarsi ad altre attività ad una certa distanza territoriale dal luogo di lavoro).

Il riposo va, infatti, inteso nel suo significato più ampio, quale allontanamento anche mentale dalla necessità di mantenersi a disposizione del datore di lavoro e l’entità dell’impegno può aver impedito tale finalità (con accertamento che doveva essere compiuto dalla Corte di merito).

Sulla base di queste motivazioni, la sentenza viene cassata con rinvio alla Corte d’Appello, che dovrà accertare se il superamento dei turni di reperibilità abbia determinato un’interferenza rispetto alla vita privata del lavoratore tale da pregiudicare in maniera intollerabile il diritto al riposo, che il datore di lavoro è tenuto a risarcire “indipendentemente dalla causazione di un pregiudizio (danno-conseguenza) di natura psicofisica, trattandosi di un danno in re ipsa.

3. Conclusioni

La pronuncia è di rilevante interesse e attualità, anche considerando la carenza di personale che interessa molte delle nostre strutture ospedaliere.

La Corte di Cassazione fa seguito a due precedenti (cfr. Ordinanza n. 36839/2022 e 21934/2023); in quest’ultima pronuncia, il datore di lavoro è stato condannato a risarcire il danno subito da un’autista di ambulanza per la richiesta di svolgimento di dieci turni mensili di pronta disponibilità eccedenti i sei previsti dal CCNL comparto sanità.

Il superamento dei turni di pronta disponibilità, previsti da contratto collettivo, costituisce inadempimento contrattuale se determina un condizionamento tale, rispetto alla vita del dipendente, da pregiudicare (in maniera intollerabile) il diritto al riposo, con conseguente obbligo di risarcimento in capo all’azienda.

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