Tra le questioni sulle quali la giurisprudenza si è pronunciata in numerose occasioni circa il licenziamento per superamento del comporto vi è quella riguardante la sussistenza dell’obbligo in capo alla parte datoriale, nell’intimazione del licenziamento, di specificare i giorni di assenza realizzati dal dipendente nell’arco temporale di interesse.

La giurisprudenza ha chiarito in più occasioni (cfr. Cass., 2 marzo 2023, n. 6336, Cass., 16 marzo 2022, n. 8628) che in caso di comporto secco (unico ininterrotto periodo di malattia), nel quale i giorni di assenza sono facilmente calcolabili dal lavoratore, il datore di lavoro non deve specificare gli stessi, fermo restando l’onere di allegare e provare in giudizio i fatti costitutivi del potere esercitato.

Invece nel comporto per sommatoria (caratterizzato da plurime e frammentate assenze) il datore di lavoro deve comunicare le giornate di assenza considerate, di modo da consentire la difesa al lavoratore.

La Corte di Cassazione riprende tali considerazioni nella sentenza n. 27768 del 2 ottobre 2023.

Nel caso di specie la Corte di Appello di Bari, riformando la pronuncia di primo grado, dichiarava inefficace il licenziamento disposto per superamento del periodo di comporto per sommatoria. Il lavoratore aveva impugnato la risoluzione per superamento del periodo di comporto considerata l’estrema genericità, indeterminatezza e indeterminabilità del contenuto e delle motivazioni.

Secondo la Corte di Appello, non avendo indicato il datore di lavoro le giornate di assenza alla base del superamento del comporto nonostante espressa richiesta del dipendente di specificare tale aspetto fattuale delle ragioni del licenziamento, quest’ultimo deve considerarsi illegittimo.

La società proponeva ricorso avverso tale pronuncia.

La Corte di Cassazione ribadisce l’orientamento ormai consolidato secondo il quale “qualora l’atto di intimazione del licenziamento non precisi le assenze in base alle quali sia ritenuto superato il periodo di conservazione del posto di lavoro, il lavoratore – il quale, particolarmente nel caso di comporto per sommatoria, ha l’esigenza di poter opporre propri specifici rilievi – ha la facoltà di chiedere al datore di lavoro di specificare tale aspetto fattuale delle ragioni del licenziamento, con la conseguenza che nel caso di non ottemperanza con le modalità di legge a tale richiesta, il licenziamento deve considerarsi illegittimo”.

Tale principio risulta tanto più rilevante nei casi di comporto per sommatoria nei quali il dipendente può trovarsi in difficoltà nell’individuazione sia del numero delle assenze che dell’arco temporale preso in considerazione.

La Corte precisa inoltre che nel licenziamento per superamento del comporto, a fronte della richiesta del dipendente di conoscere i periodi di malattia, il datore di lavoro deve provvedere ad indicare i motivi del recesso (art.2, comma 2 L. n. 604/1966) in quanto le regole previste circa la forma dell’atto e la comunicazione dei motivi del recesso si applicano anche a tale tipologia di licenziamento.

È buona prassi che, nel predisporre una lettera di licenziamento per superamento del comporto, in conformità ai principi di buona fede e correttezza applicabili al rapporto, vengano specificate dal datore di lavoro le giornate di assenza realizzate dal lavoratore (con indicazione delle date di inizio e fine periodo di prognosi dei vari certificati di malattia) nell’arco temporale di riferimento in base al ccnl applicato al fine di permettere al lavoratore di prendere cognizione delle singole assenze e di poter esercitare il proprio diritto di difesa.

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