La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 8913 del 29 marzo 2023, ha stabilito che non è opponibile all’INPS la transazione mediante la quale un lavoratore, all’esito di un licenziamento, rinuncia all’indennità sostitutiva del preavviso, pertanto è dovuta la contribuzione su tale indennità, essendo il rapporto previdenziale autonomo da quello di lavoro e presidiato dalla regola del minimale contributivo per cui rileva, ai fini della contribuzione, la retribuzione dovuta per legge.

Nel caso di specie alcuni dipendenti licenziati dalla società avevano sottoscritto dei verbali di conciliazione in sede sindacale nei quali essi rinunciavano all’indennità sostitutiva del preavviso, ricevendo delle somme a titolo di incentivo all’esodo.

La Corte d’Appello di Bologna accoglieva l’opposizione della società al verbale di accertamento emesso dall’Istituto avente ad oggetto il pagamento dei contributi omessi e dovuti in relazione all’indennità sostitutiva del preavviso; secondo la Corte non poteva nascere alcun obbligo contributivo, tenendo conto che le parti avevano rinunciato all’indennità sostitutiva del preavviso e non era stata erogata alcuna somma a tale titolo.

L’INPS ricorreva in Cassazione avverso tale sentenza.

La Corte di Cassazione ricorda che la regola del minimale contributivo (prevista dall’art. 1 del D.L. n. 338/1989), secondo cui la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza e di assistenza sociale non può essere inferiore all’importo delle retribuzioni stabilito da leggi, si riferisce alla retribuzione dovuta per legge e non a quella effettivamente corrisposta dal datore.

Di conseguenza, sono irrilevanti, ai fini della contribuzione, inadempimenti contrattuali dell’azienda verso il lavoratore che comportino omesso pagamento o pagamento della retribuzione in misura inferiore a quello dovuto per legge ovvero accordi in forza dei quali si stabilisca la non debenza della retribuzione.

La Corte di Cassazione richiama una precedente pronuncia (Cass., n. 8662/2019) che ha stabilito l’inopponibilità all’INPS degli accordi transattivi tra datore e dipendente, riferendosi al rapporto di lavoro e non al distinto rapporto previdenziale.

La Corte di Cassazione ritiene viziato l’iter argomentativo seguito dalla Corte territoriale che “avrebbe dovuto perciò verificare se, data la volontà di recedere comunicata dalla società, riconosciuta dalla stessa sentenza, sarebbe spettata l’indennità sostitutiva di preavviso ai lavoratori, a prescindere poi dal fatto che questa non sia stata pagata in quanto i predetti lavoratori abbiano accettato somme a titolo diverso, ovvero di incentivo all’esodo”.

Sulla base di questi principi la Corte di Cassazione accoglie il ricorso presentato dall’INPS.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *