Il Decreto Legge n. 5/2023 (c.d. Decreto Trasparenza) proroga per il 2023 la misura introdotta dal Decreto Ucraina (D.L. n. 21/2022), prevedendo che i datori di lavoro privati possano erogare ai propri lavoratori dipendenti buoni benzina o analoghi titoli per l’acquisto di carburanti, in esenzione fiscale e contributiva fino ad un massimo di 200 euro.

Il limite di esenzione di 200 euro è aggiuntivo rispetto a quello di 258,23 euro fissato dall’art. 51, comma 3 del TUIR per la generalità dei beni ceduti e dei servizi prestati ai dipendenti, pertanto ciascun dipendente potrà contare su un plafond totale di 458,23 euro non imponibili.

In caso di superamento della soglia di 200 euro, il datore di lavoro dovrà assoggettare a tassazione l’intero importo corrisposto, vale a dire anche la quota di valore inferiore al suddetto limite.

Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 27 del 14 luglio 2022 è preferibile conteggiare e monitorare le erogazioni effettuate in favore del dipendente in modo separato nel LUL.

I buoni benzina in esame:

  • possono essere corrisposti dai datori di lavoro privati ai soli lavoratori dipendenti (no collaboratori coordinati e continuativi, tirocinanti e amministratori) per i rifornimenti di carburante o per le ricariche elettriche;
  • possono essere corrisposti anche ad personam e senza necessità di preventivi accordi contrattuali;
  • potranno essere erogati in sostituzione dei premi di risultato, nel caso in cui sia prevista tale possibilità nei contratti aziendali o territoriali;
  • potranno essere riconosciuti, per il c.d. principio di cassa allargato, entro il 12 gennaio 2024 e utilizzati anche in un momento successivo.

La finalità della misura è certamente apprezzabile. E’ necessario tuttavia, a parere di chi scrive, dopo interventi normativi frastagliati che si sono succeduti nell’ultimo triennio nella definizione della soglia di esenzione dei fringe benefit (basti pensare al 2022 nel quale la soglia è stata innalzata prima a 600 e poi a 3.000 euro), provvedere in maniera strutturale alla modifica del tetto dei 258,23 euro che, inserito nel 1997, appare di fatto inadeguato all’epoca che stiamo vivendo.

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