Far trascorrere quattro mesi da quando il dipendente ammette l’addebito disciplinare a quando l’azienda attiva il procedimento disciplinare è un tempo sproporzionato e non aderente a buona fede.
Anche se la tempestività della contestazione è da intendersi in senso relativo, dovendo considerarsi il tempo necessario per l’accertamento dei fatti e la complessità della struttura organizzativa dell’impresa, “non si vede quali altri accertamenti si rendessero necessari ai fini della redazione della contestazione a carico di tale dipendente”.
Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 14728 del 27 maggio 2024.
1. Il caso
Un dipendente all’esito di un procedimento disciplinare veniva sospeso dal servizio per dieci giorni per avere negoziato, provvedendo al rimborso delle somme in essi risultanti, buoni postali fruttiferi contraffatti; lo stesso veniva chiamato a rispondere di tali operazioni eseguite sia personalmente sia a titolo di culpa in vigilando per i periodi in cui aveva svolto le funzioni di direttore dell’ufficio.
La Corte d’Appello, in riforma della pronuncia di primo grado, riteneva tardiva la contestazione disciplinare notificata il 10 aprile 2012, 4 mesi dopo l’ammissione dell’addebito disciplinare da parte del lavoratore (2 dicembre 2011); anche considerando il tempo necessario per il personale ispettivo di trasmettere l’esito dei propri accertamenti agli uffici competenti per l’avvio del procedimento, l’intervallo temporale era sproporzionato e contrario a buona fede.
La società proponeva ricorso in cassazione avverso la sentenza.
2. Il principio di tempestività della contestazione
La Corte di Cassazione ricorda che il principio di tempestività della contestazione va inteso in senso relativo, dovendosi tenere in considerazione il tempo necessario per accertare i fatti e la complessità della struttura organizzativa dell’impresa quali ragioni che possono causare il ritardo nell’attivazione del procedimento.
Nel caso di specie, come rivelato dalla Corte d’Appello, in data 2 dicembre 2011, con l’ammissione dell’addebito disciplinare, la società era giunta alla concreta conoscenza del fatto e alla sua riferibilità al lavoratore (non invece una conoscibilità meramente astratta della sua responsabilità).
Dunque, anche considerando la complessità dell’organizzazione aziendale, una volta riscontrata la clonazione dei titoli posti all’incasso ed ottenuta la dichiarazione confessoria da parte del lavoratore e anche di altra dipendente, non si capisce quali altri accertamenti si rendessero necessari prima di procedere con la contestazione disciplinare.
Pertanto, gli oltre quattro mesi decorsi per l’apertura del procedimento disciplinare apparivano sproporzionati e contrari a buona fede.
3. Conclusioni
Il principio di tempestività della contestazione disciplinare, da intendersi quale corollario dei principi generali di correttezza e buona fede, mira ad assicurare da un lato l’effettività del diritto di difesa del lavoratore incolpato, in modo da consentire a quest’ultimo di preparare una pronta e adeguata difesa, e dall’altro a tutelare il legittimo affidamento del lavoratore in relazione al carattere facoltativo dell’esercizio del potere disciplinare.
Un considerevole ritardo nella contestazione, infatti, può generare nel dipendente la convinzione di tacita rinuncia della parte datoriale all’esercizio del correlato potere.
La giurisprudenza nel corso degli anni ha interpretato il requisito della tempestività in senso relativo; il tempo intercorso tra fatto e contestazione è, infatti, variabile e influenzato da diversi elementi come abbiamo visto, quali ad esempio la complessità della struttura organizzativa dell’impresa e le tempistiche necessarie all’accertamento dei fatti.
Nella maggior parte dei casi i Ccnl non prevedono un termine entro il quale l’azienda debba attivare il procedimento disciplinare (eccezione ad esempio per il Ccnl trasporti che prevede che la contestazione debba essere inviata tassativamente al lavoratore entro 20 giorni dalla data in cui l’impresa è venuta a conoscenza del fatto).
Tuttavia, nonostante un’applicazione elastica del principio di tempestività che ha il pregio di potersi adattare alle varie casistiche, l’impresa che intenda avviare un procedimento disciplinare, una volta avuta una concreta conoscenza dei fatti avrà l’onere di attivarsi nel più breve tempo possibile, con il rischio di incorrere in caso contrario in un procedimento viziato.