È legittimo il licenziamento inviato all’indirizzo comunicato all’azienda al momento dell’assunzione, nonostante il lavoratore non abbia informato del cambio di indirizzo il proprio datore di lavoro.

Il lavoratore ha l’obbligo di comunicare per iscritto le eventuali successive variazioni di residenza o di domicilio, in conformità al principio di correttezza e buona fede alla base del rapporto di lavoro; dunque, il licenziamento intimato all’indirizzo conosciuto è pienamente efficace se effettuato entro i termini, operando la presunzione di conoscenza ex art. 1335 c.c.

La presunzione non opera nel caso in cui il datore di lavoro sia a conoscenza dell’allontanamento del lavoratore dal domicilio e dunque dell’impedimento dello stesso a prendere conoscenza della comunicazione inviata.

Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 28171 del 31 ottobre 2024.

1. La vicenda

La vicenda vedeva come protagonista un dipendente licenziato per calo delle commesse; l’azienda inviava il provvedimento di recesso all’ultimo indirizzo comunicato dal dipendente.

Quest’ultimo impugnava il recesso.

La Corte d’Appello, in riforma della pronuncia di primo grado, riteneva regolarmente intimato in forma scritta il licenziamento, sia in applicazione della presunzione ex art. 1335 c.c. (avendo, il datore di lavoro, depositato la busta raccomandata contenente la lettera di licenziamento restituita al mittente su cui si legge la data di spedizione e la dicitura “avvisato 14/6/2008 “, nonché il timbro “non richiesto entro il termine”) sia in considerazione della tempestiva impugnazione stragiudiziale del licenziamento da parte del lavoratore.

Il lavoratore ricorreva in Cassazione avverso la pronuncia.

2. Il licenziamento intimato all’indirizzo comunicato al momento dell’assunzione

La Corte di Cassazione, riprendendo un proprio precedente (n. 22295/2017), ricorda che è valida l’intimazione del licenziamento inviata all’indirizzo comunicato all’azienda al momento dell’assunzione, nonostante il dipendente non abbia informato del cambio di indirizzo il datore di lavoro (in violazione del principio di buona fede e correttezza alla base del rapporto di lavoro).

Pertanto, il licenziamento (o la lettera di contestazione) inviato all’indirizzo conosciuto è pienamente efficace operando la presunzione di conoscenza prevista dall’art. 1335 c.c.

Tale presunzione non opera nell’ipotesi in cui il datore di lavoro sia a conoscenza dell’allontanamento del lavoratore dal domicilio e dunque dell’impedimento dello stesso a prendere conoscenza della comunicazione inviata.

La presunzione di conoscenza non è integrata dalla sola prova della spedizione della raccomandata, essendo necessaria, attraverso l’avviso di ricevimento o l’attestazione di compiuta giacenza, la dimostrazione del perfezionamento del procedimento notificatorio.

Il giudice di merito, in caso di contestazioni, non può ritenere dimostrata l’operatività della presunzione di conoscenza solo in forza della prova dell’invio della raccomandata ma dovrà verificare l’esito dell’invio, in primo luogo sulla base delle risultanze dell’avviso di ricevimento e comunque valutando ogni altro mezzo di prova utile, e la sua decisione non sarà sindacabile in sede di legittimità, trattandosi di accertamento di fatto a quest’ultimo riservato.

Nel caso di specie, correttamente la Corte d’Appello ha proceduto alla verifica della regolarità dell’invio della raccomandata da parte della società, come attestato dai timbri e dalle sottoscrizioni degli addetti postali, utilizzando a conferma ulteriori elementi (ad esempio l’impugnazione stragiudiziale del licenziamento).

3. Conclusioni

Il licenziamento inviato all’ultimo indirizzo del lavoratore noto al datore di lavoro è legittimo essendo il dipendente tenuto a comunicare tempestivamente alla propria azienda qualsiasi variazione nel frattempo intervenuta; al tempo stesso, inoltre, non si può addossare alla parte datoriale alcun obbligo di verifica in tal senso operando la presunzione di conoscenza prevista dall’art. 1335 c.c.

Diversi sono i contratti collettivi che cristallizzano tale obbligo in capo al dipendente.

Ad esempio, il CCNL Terziario all’art. 237 prevede che “è dovere del personale di comunicare immediatamente all’azienda ogni mutamento della propria dimora sia durante il servizio che durante i congedi”; ancora, il CCNL Metalmeccanica Industria all’art. 3: “Il lavoratore dovrà comunicare gli eventuali successivi mutamenti di residenza e di domicilio”.

Il principio ribadito dalla Corte di Cassazione nella pronuncia in esame è di estrema importanza, tutelando le aziende in tutti quei casi, purtroppo frequenti, nei quali il lavoratore volontariamente si ponga in condizione di non ricevere le comunicazioni inviate dal proprio datore di lavoro.

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