È illegittimo il rifiuto dell’INPS di riconoscere il premio di natalità alla richiedente (art. 1, comma 353, L n. 232/2016), facendo seguito a proprie circolari che avevano introdotto un requisito non previsto dalla norma, quale il possesso della cittadinanza dell’Unione o la titolarità di un permesso di lungo soggiorno.

Le circolari amministrative dell’INPS sono atti normativi interni, tesi a indirizzare e guidare in modo uniforme l’attività degli organi periferici dell’ente ma non possono modificare o derogare il contenuto di una fonte normativa primaria.

Questo quanto deciso dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 10728 del 22 aprile 2024.

1. I fatti di causa

La Corte d’Appello di Firenze, in riforma della pronuncia di primo grado, condannava l’INPS a corrispondere a un’istante il premio di natalità previsto dall’art. 1, comma 353, L. n. 232/2016.

I giudici di secondo grado ritenevano illegittimo il rifiuto opposto dall’Istituto avendo quest’ultimo, sulla base di proprie circolari, introdotto un requisito non previsto dal legislatore, quale il possesso della cittadinanza dell’Unione o alla titolarità di un permesso di lungo soggiorno mentre la norma prevedeva quale unico requisito quello di essere gestante, genitrice o adottante.

L’INPS ricorreva in Cassazione avverso la pronuncia sostenendo che le circolari in questione avrebbero semplicemente esplicitato un presupposto soggettivo analogo a quello previsto dall’art. 1, comma 125 L. n. 190/2014, al fine di evitare l’attribuzione a chiunque si trovi temporaneamente sul territorio nazionale.

2. Che valore hanno le circolari?

La Corte di Cassazione ritiene il motivo infondato.

L’art. 1, comma 353 L. n. 232/2016, ha previsto la corresponsione di un premio in unica soluzione di 800 euro “alla nascita o all’adozione di un minore a domanda della futura madre, al compimento del settimo mese di gravidanza o all’atto dell’adozione”.

L’unico requisito previsto dalla norma è di essere gestante, genitrice o adottante.

In forza del principio di gerarchia delle fonti del diritto, che non consente ad una fonte normativa secondaria di dettare norme che possono modificare o derogare il contenuto di una fonte primaria, l’INPS non poteva legittimamente circoscrivere la portata della norma con proprie circolari, nemmeno sostenendo l’analogia del descritto premio con l’assegno di natalità previsto dalla L. n. 190/2014.

La Corte di Cassazione ricorda che “le circolari amministrative dell’INPS sono atti normativi interni, che possono bensì tendere ad indirizzare ed a guidare in modo uniforme l’attività degli organi periferici dell’ente, ma non possono modificare le condizioni cui la legge ha imperativamente sottoposto il riconoscimento del diritto alla corresponsione di una provvidenza”.

3. Conclusioni

Da molti anni a questa parte si assiste a un proliferare di circolari, volte a chiarire aspetti e discipline previste dalla normativa, peraltro emanate non di rado con ritardo dall’entrata in vigore della norma (basti pensare alla circolare INPS sul congedo parentale all’80% emanata dopo molti mesi dalla legge di bilancio) con evidenti difficoltà e incertezze per aziende e consulenti.

È bene ricordare, pertanto, che le circolari non costituiscono fonti del diritto e, avendo efficacia solo nei confronti degli uffici dell’amministrazione, non vincolano né le aziende (che potrebbero disattendere al contenuto di una circolare che travalica il contenuto della norma) né tantomeno i giudici, come evidenziato dalla Corte di Cassazione nella recente pronuncia.

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